Si può dare dell'Asino ad un Sindaco

Asino

8 ott. 2013

Difficile oggigiorno districarsi nel contorto tema dei limiti del diritto di critica, anche di quella politica.

Se per esempio hai buoni motivi per dare, in modo ragionato e con prove inconfutabili, dell'Asino ad un Sindaco e vuoi farlo attraverso un comunicato stampa, devi prima fare i conti con la giurisprudenza che sull'argomento ha sedimentato tanto di quel materiale da far impallidire anche un Geologo che di stratificazioni millenarie se ne intende.

Una veloce ricerca sul tema offre una panoramica di sentenze le più disparate e discordanti. Sentenze tanto divaricanti che alla fine, per sapere se con il comunicato in questione puoi incorrere in qualche guaio giudiziario, sembra più facile affidarsi alla vecchia e cara ruota della fortuna.

Un verdetto deciso dalla fortuna che tutto sommato, dato che è cieca, appare più accettabile di quello che potrebbe scaturire una volta entrati nel girone della giustizia italiana con tutte le sue stranezze.

Vediamo qualche chicca giurisprudenziale:

nel 2007 un maestro viene condannato per avere definito "ciuccio" un suo alunno mentre a Milano nel 2010 un altro insegnante viene assolto per avere chiamato "asino" un ragazzo durante la lezione.

nel 2007 a Campobasso è risultato reato dare della "scrofa" ad una donna mentre a Napoli, nel 1999, dare del "porco" al vicino di casa non ha generato alcuna condanna.

Dare del "cane" ad un uomo non è reato ma definire "cagna" una donna fa scattare la pena (Perugia 1991).

Si può stare tranquilli dando l'appellativo di "capre" ai propri interlocutori (Potenza 2003) ma ci si guardi dal chiamare "iena" o "vipera" una donna.

Definire "balena" la suocere a Messina è reato ma, per i giudici di Palermo, la parola "pachiderma" è definita "termine innocuo".

Sono innumerevoli le bizzarre interpretazioni per così dire "animalesche" dei giudici che certo fanno sorridere ma portano anche a farci riflettere per il loro essere contraddittorie.

Contraddizioni ma anche vere e proprie disparità che danno l'impressione di una giustizia affatto "uguale per tutti" che alla fine riesce ad inibire anche la più sincera e motivata critica.

Walter Salvatore