Ricostruzione: l'alibi della mafia

25 mar. 2015

Prefettura interdice 37 imprenditori "in odor di mafia".

La notizia fa clamore ed è utile ai soliti noti per rafforzare la tesi che c'è l'urgente bisogno di una nuova legge sulla ricostruzione.

Sarebbe la terza volta che a gioco iniziato se ne cambiano le regole.

Delle attuali ancora non si riescono a sciogliere nodi fondamentali nelle procedure pensate dagli esperti di turno che già si pensa di sfasciare tutto e ricominciare da capo.

E' vero che nella ricostruzione la mafia ci sguazza ma perché nella corruzione ci sguazza alla grande la pubblica amministrazione, non i privati.

Tant'è vero che delle 37 ditte in odor di mafia solo 9 sembra siano occupate nella ricostruzione privata.

Ben 28, quindi, risultano impegnate nella ricostruzione pubblica dove vigono leggi ben più severe di quelle per la ricostruzione privata e dove il sub-appalto e il sub-sub-appalto sono regolamentati con molto rigore.

Dato che mafia e corruzione proliferano nei lavori e nei progetti che interessano la P.A. non si capisce perché ci si ostini a voler "rafforzare" le norme che regolano la ricostruzione privata.

I cittadini terremotati sono stanchi. Sono stanchi della Pubblica Amministrazione, degli uffici speciali, degli scienziati di turno, dei tecnici furbetti, delle imprese alla conquista del territorio e siccome hanno ormai la denuncia facile è molto difficile che la mafia possa attecchire nella ricostruzione delle loro abitazioni.

Se invece di pensare a pubblicare l'elenco dei buoni (mai partorito) chiamato "white list" il Prefetto si decidesse a pubblicare quello dei "cattivi" potremmo anche capire nelle abitazioni private di chi si sono infilate le 9 imprese in odor di mafia.

Che lo Stato e la P.A. si occupi di fare pulizia a casa propria ed a far finalmente funzionare le regole attuali, se ne è capace, altrimenti faccia un dovuto e dignitoso passo indietro finendola di creare ostacoli anche dove non ce ne sono.

Walter Salvatore